L’illuminamento in ambienti industriali

La visibilità di tutto ciò che ci circonda è essenziale per permetterci di meglio comprendere quanto ci viene dato dalla...

1. Introduzione

La visibilità di tutto ciò che ci circonda è essenziale per permetterci di meglio comprendere quanto ci viene dato dalla natura. Una corretta illuminazione, sia essa naturale o artificiale, fa si che gli oggetti siano meglio valorizzati e percepiti.

Differenti sono le necessità di illuminazione: la messa in risalto di oggetti, la necessità di visualizzare azioni di primaria importanza (es. sale operatorie), la salvaguardia delle persone in ambienti a maggior rischio d’incendio ed esplosione, un corretto illuminamento delle strade ecc. ecc.

Cortem Group, attenta a tutto ciò che attiene corpi illuminanti adatti per essere installati in ambienti con pericolo di esplosione, ha realizzato una serie di prodotti per Zone 1-21 e 2-22, adatti per essere installati e operare in ambienti a rischio di esplosione quali raffinerie, piattaforme di estrazione e perforazione Off-Shore, navi di trivellazione ed estrazione FPSO, impianti chimici e petrolchimici, depositi di cereali, cabine di verniciatura, impianti di biogas e in tutti gli insediamenti industriali dove possa sussistere tale rischio.

2. Livelli di illuminamento

Nella norma UNI EN 12464-1:2011 “Illuminazione dei luoghi di lavoro”, vengono definiti i parametri essenziali per un corretto illuminamento quali:

  • Valore di illuminamento medio atto a garantire il comfort visivo, considerando il naturale decadimento fisiologico del corpo illuminante negli anni di esercizio (Em).
  • Abbagliamento molesto che impedisce una visione corretta e che deve essere valutato utilizzando il metodo CIE dell’indice unificato di abbagliamento (UGR).
  • Resa del colore, che si riferisce al colore apparente della luce emessa e definita dalla temperatura di colore correlata (indice di resa cromatica Ra).

3. Scelta della tipologia di illuminamento

Considerando le specifiche richieste di illuminamento, viene fatta la scelta più idonea considerando se:

le aree da illuminare sono parti di impianto poste all’esterno di fabbricati, ad esempio corrimano su scale di accesso e ballatoi, strumentazione sopra o sotto fasci tubieri di processo, macchine operatrici quali pompe, compressori, scambiatori, resistenze ecc. ecc., la scelta più corretta sarà quella di tipo “Puntuale” (punto per punto);

le aree da illuminare sono zone di impianto poste all’interno di fabbricati chiusi o parzialmente chiusi, ad esempio sale compressori, gruppi generatori ecc. ecc., la scelta più corretta sarà quella “Distribuita”, con eventuale incremento di illuminazione “Puntuale” per quelle zone del fabbricato coperte da grandi volumi del macchinario e, quindi, non facilmente raggiungibili da un illuminamento “Distribuito”.

  • le zone da illuminare sono parti di impianto che necessitano di un livello di illuminamento “mirato” all’oggetto da illuminare, ad esempio strumenti di campo che necessitino di una lettura durante le fasi di lavorazione o serbatoi che necessitino di una visione del livello del prodotto, la scelta più corretta sarà ancora del tipo “Puntuale”.
  • le aree da illuminare sono di primaria importanza per la salvaguardia delle persone e cose, le necessità di illuminare sono quelle che servono per rendere affidabile e sicura l’evacuazione degli impianti in caso di emergenza, che si riassumono in:

a.Illuminazione di emergenza, destinata a funzionare quando l’alimentazione normale viene a mancare.

b.Illuminazione di sicurezza, come parte dell’illuminazione di emergenza, ma destinata a provvedere alla sicurezza delle persone durante l’evacuazione di una zona o a coloro che tentano di completare un’operazione potenzialmente pericolosa, prima di abbandonare la zona stessa.

c.Illuminazione di riserva, sempre come parte dell’illuminazione di emergenza, che consente di continuare la normale attività senza sostanziali cambiamenti.

d.Illuminazione di aree ad alto rischio, anche quest’ultima come parte dell’illuminazione di emergenza, destinata a garantire la sicurezza delle persone coinvolte in processi di lavorazione o situazioni potenzialmente pericolose e a consentire procedure di arresto adeguate alla sicurezza dell’operatore e degli occupanti l’area influenzata.

Per tutte le tipologie qui esposte, il progettista s’interfaccia con il responsabile di processo, al fine di poter effettuare un’accurata analisi di rischio e, successivamente, procede al dimensionamento del sistema di illuminazione di emergenza, in accordo con quanto definito nella norma UNI EN 12464-1:2011.

4. Tipologia area da illuminare

Per la stesura di un calcolo illuminotecnico, si possono utilizzare specifici pacchetti software presenti sul mercato e gratuiti, quali “Litestar della Soc. Oxytech”, “Dialux della Soc. DIAL” ecc. ecc., analizzando le esigenze richieste e considerando i parametri dimensionali quali:

  • Tipologia dell’area da illuminare
  • Livello medio di illuminamento garantito
  • Valore in % del decadimento lampade
  • Tipologia e colore delle pareti, soffitto e pavimento, determinando, secondo la norma UNI EN 12464-1:2011 i fattori di riflessione di tali tipologie
  • Campo visivo dell’insieme degli elementi visivi, come dimensioni delle strutture e contrasto 
  • Distanza dalla sorgente luminosa dal pavimento o dal piano di lavoro
  • Distanza dal punto illuminato dalla sorgente luminosa
  • Intensità luminosa emessa dalla sorgente nella direzione del punto da illuminare

5. Comparazione fra armature illuminanti tradizionali e la nuova tecnologia a LED di produzione Cortem

Per ridurre l’impatto ambientale derivante dall’impiego di soluzioni energivore poco efficienti, i Paesi membri dell’Unione Europea hanno adottato, sin dall’anno 2005, la messa al bando progressiva dei prodotti di illuminazione meno efficienti.

Attualmente, sugli impianti con pericolo di esplosione sono installate armature illuminanti con lampade di differenti tipologie quali lampade a filamento (incandescenti), lampade fluorescenti e lampade a scarica ai vapori di mercurio, sodio alta pressione, ioduri metallici che non rispettano i requisiti cogenti di tale direttiva.

La Direttiva EuP 2005/32/CE, recepita in Italia nel 2007 e successivamente abrogata e sostituita dalla Direttiva EuP 2009/125/CE, recepita in Italia il 16.2.2011 con D.L. n° 15 e il Regolamento (CE) n. 244/2009, strumento che regola le fasi temporali per il passaggio dal vecchio sistema di illuminazione al nuovo (come indicato dalla Direttiva EuP 2005/32/CE), identifica le fasi di messa al bando come da tabelle 1 e 2 sotto.

La Direttiva EuP, recepita dal Regolamento (CE) n. 245/2009 (Appendice [70]), pubblicato sulla Gazzetta  Ufficiale dell’Unione Europea in data 24 marzo 2009, stabilisce, in particolare, i requisiti di progettazione ecocompatibile di lampade fluorescenti senza alimentatore integrato e di lampade a scarica. Il Regolamento (CE) n. 245/2009, valido per l’illuminazione nel settore terziario, ha portato al divieto di immissione sul mercato per le poco efficienti lampade a scarica di gas impiegate nei settori dell’illuminazione pubblica e industriale. L’impellente necessità di ottenere sempre un maggior risparmio energetico, fra l’altro sanciti da obblighi legislativi come il protocollo di Kyoto e dalle Direttive europee, decidono l’imposizione sulla scelta di un’illuminazione efficiente per tutti gli impieghi dove sia necessario illuminare, siano essi per il settore pubblico o per il settore industriale.

Risulta pertanto evidente che a partire dal 2017 lampade che non hanno i requisiti richiesti da tale direttiva non potranno più essere messe in circolazione e tantomeno installate.

Cortem Group, sulla base di quanto disposto dalle normative e D.L., ha da tempo inserito nella sua gamma produttiva una nuova serie corpi illuminanti con la nuova tecnologia a LED che rispetta appieno tutti i requisiti cogenti.

Al fine di meglio comprendere l’importanza che riveste questo cambiamento epocale, cambiamento volto al miglioramento di fattori quali l’efficienza, la durata di vita, l’assenza di emissioni UV, la resistenza alle vibrazioni, l’accensione istantanea, l’assenza di inquinamento luminoso, diamo, a titolo esemplificativo ma non limitativo, di seguito alcuni esempi dei risparmi derivanti dall’installazione di nuove armature illuminanti con tecnologia LED, comparando tali armature con quelle tradizionali ancora in produzione ma con tecnologia tradizionale a scarica. 

Primo esempio

Area da 40x30m, altezza di posizionamento corpi illuminanti a 5m, coefficiente di mantenimento 0,8, livello di illuminamento medio richiesto 300lux.

Caso A: Lampade tradizionali agli ioduri metallici da 400W nominali, flusso luminoso 15.132 lm, temperatura colore 5.900K (armatura illuminante Cortem Group serie EWA50100IM6).

Caso B: Lampade di nuova generazione a LED da 186W nominali, flusso luminoso 16.994 lm, temperatura colore 5.700K (nuova armatura illuminante Cortem Group EWL-100 a LED)

Considerando il valore richiesto di illuminamento medio pari a 300lux, si riscontra che, nel caso “A” sarà necessario installare 42 corpi illuminanti da 400W nominali (tot. 16,8kW), per ottenere un valore di illuminamento medio (Lm) pari a 310 lux, mentre nel caso B si avrà la stessa quantità di corpi illuminanti ma con assorbimento di 186W nominale (tot. 7,812kW), per ottenere un valore di illuminamento medio (Lm) pari a 312 lux.  Come si potrà ben notare, l’energia impegnata per il caso A è superiore al caso B del 215%, quindi comportando un risparmio superiore alla metà dell’energia normalmente impegnata per illuminare un’area di pari dimensioni con lampade tradizionali.  

Secondo esempio

Area da 40x30m, altezza di posizionamento corpi illuminanti a 5m, coefficiente di mantenimento 0,8, livello di illuminamento medio richiesto 300lux.

Caso C: Lampade tradizionali agli ioduri metallici da 250W nominali, flusso luminoso 13.053 lm, temperatura colore 5.900K (armatura illuminante serie EWA5080IM5).

Caso D: Lampade di nuova generazione a LED da 86W nominali, flusso luminoso 8.111 lm, temperatura colore 5.700K (nuova armatura illuminante serie EVL-80 a LED).

Considerando il valore richiesto di illuminamento medio pari a 300lux, si riscontra che, nel caso “C” sarà necessario installare 88 corpi illuminanti da 250W nominali (tot. 22,0kW), per ottenere un valore di illuminamento medio (Lm) pari a 314 lux, mentre nel caso D si avrà la stessa quantità di corpi illuminanti ma con assorbimento di 86W nominale (tot. 7,568kW), per ottenere un valore di illuminamento medio (Lm) pari a 305 lux. Come si potrà ben notare, l’energia impegnata per il caso C è superiore al caso D del 290%, quindi un risparmio superiore quasi a tre quarti dell’energia normalmente impegnata per illuminare un’area di pari dimensioni con lampade tradizionali.

Naturalmente le lampade a LED sono più costose, ma il ritorno dell’investimento è compreso in un periodo economicamente accettabile vista la loro maggiore efficienza, la più lunga durata di vita e la migliore affidabilità.

Basti pensare che la sostituzione di tutte le lampade a bassa efficienza utilizzate nel mondo per i sistemi di Illuminazione consentirebbe un risparmio di oltre 390 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), pari a circa 100 miliardi di euro, e ogni anno si potrebbe evitare la produzione di circa 780milioni di tonnellate di anidride carbonica. 

Sulla base di tale rinnovamento tecnologico, l’Europa risparmierebbe 28 miliardi di euro e l’Italia eviterebbe una spesa di circa 102 milioni di euro, questo considerando solamente l’energia spesa per l’illuminazione pubblica.

6. Conseguenze derivanti dall’inquinamento luminoso

L'inquinamento luminoso è un'alterazione dei livelli di luce naturalmente presenti nell'ambiente notturno. Questa alterazione, più o meno elevata a seconda delle località, provoca danni di diversa natura: ambientali, culturali ed economici. 

Il danno culturale principale è dovuto alla sparizione del cielo stellato dai paesi più inquinati, cielo stellato che è stato da sempre fonte di ispirazione per la religione, la filosofia, la scienza e la cultura in genere.

Fra le scienze più danneggiate dalla sparizione del cielo stellato vi è senza dubbio l'astronomia sia amatoriale che professionale; un cielo troppo luminoso, infatti, limita fortemente l'efficienza dei telescopi ottici che devono sempre più spesso essere posizionati lontano da questa forma di inquinamento.

Il danno economico è dovuto principalmente allo spreco di energia elettrica impiegata per illuminare inutilmente zone che non andrebbero illuminate, come la volta celeste, le facciate degli edifici privati, i prati e i campi a lato delle strade o al centro delle rotatorie. Anche per questo motivo uno dei temi trainanti della lotta all'inquinamento luminoso è quello del risparmio energetico. 

La definizione legislativa più utilizzata lo qualifica come "ogni irradiazione di luce diretta al di fuori delle aree a cui essa è funzionalmente dedicata, ed in particolare verso la volta celeste".

La disciplina dell'inquinamento luminoso in Italia, alla data attuale non è regolamentata da una legge nazionale, benché essa sia stata più volte sottoposta al parlamento ma non è mai giunta ad una discussione in aula. 

Le singole regioni hanno promulgato testi normativi in materia, mentre la norma UNI 10819 disciplina la materia laddove non esista alcuna specifica più restrittiva. 

A seconda del regolamento tecnico richiamato, i testi normativi possono essere classificati in:

  • Disposizioni basate sulla norma UNI 10819: disposizioni non precedenti all'anno 2000 e attuale dalla Valle d'Aosta, dalla Basilicata e dal Piemonte.
  • Disposizioni basate su specifiche più severe della norma UNI 10819: promulgate o modificate nelle forma definitiva tra il 1997 ed il 2005 dalla Toscana, dal Lazio e dalla Campania.
  • Disposizioni basate sul criterio "zero luce verso l'alto": fanno riferimento ai contenuti della Legge Regionale Lombardia 17/2000 e successive modifiche. Sono basate sul criterio per cui salvo poche e ben determinate eccezioni nessun corpo illuminante possa inviare luce al di sopra dell'orizzonte. Sono state promulgate da Lombardia, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Marche, Abruzzo, Puglia, Sardegna, Liguria, Veneto e dalla provincia autonoma di Trento. Tutte le disposizioni successive al 2005 si basano su tali fondamenti. La regione Veneto, la prima ad essersi dotata di una legge per combattere l'inquinamento luminoso, ha adeguato la normativa nell'estate 2009 rendendola molto più efficace.

Concludiamo questo articolo tecnico dicendo che l’ambiente si rispetta avendo cura di esso e tale cura va ricercata in ogni possibile azione volta a migliorare le condizioni di vita ambientale e ad evitare qualsivoglia spreco di energia, anche se per ottenere tale rispetto si debba sostenere un esborso economico maggiore all’inizio di tale azione ma sapendo che alla lunga darà risultati positivi per tutta l’umanità.