L’uso delle valvole di drenaggio nelle custodie antideflagranti

Gli impianti installati in luoghi con pericolo di esplosione, sono spesso collocati in zone ove la presenza di vapori e di nebbie è una...

Gli impianti installati in luoghi con pericolo di esplosione, sono spesso collocati in zone ove la presenza di vapori e di nebbie è una costante o si presenta in modo molto frequente.

Molte raffinerie e molti impianti chimici, per questioni logistiche, si trovano in riva al mare e, oltre ai problemi di corrosione salina, di cui abbiamo spesso trattato in queste newsletter, presentano problemi di condensa all’interno dei quadri elettrici, delle custodie porta morsetti a prova di esplosione e a sicurezza aumentata. 

Le custodie antideflagranti (EN 60079-1), per propria natura, non garantiscono una completa tenuta all’ingresso di umidità, la quale penetra proprio attraverso quelle stesse flange che, in caso di esplosione interna, permettono lo scarico della pressione, il raffreddamento e l’uscita dei gas combusti, evitando quindi la deflagrazione della custodia.

Le particelle di acqua che formano l’umidità, presenti naturalmente in sospensione nell’aria, penetrano all’interno della custodia e causano la formazione di condensa, favorita dal continuo scambio termico con l’esterno della custodia, soprattutto a causa dell’escursione termica del giorno e della notte.

Se il problema della condensa in una custodia stagna industriale è limitato e risolvibile facilmente con opportune aperture di aerazione, tale pratica non è utilizzabile in una custodia antideflagrante, sia essa a prova di esplosione, come a sicurezza aumentata o a sicurezza intrinseca, proprio perché le aperture non sono ovviamente consentite, se non durante alcuni periodi programmati di manutenzione. 

Pertanto, nel corso degli anni, sono stati studiati dei componenti in grado di scaricare le acque di condensa, formatesi sul fondo della custodia, senza dover essere costretti ad interventi manutentivi che prevedessero l’apertura periodica delle custodie.

La quantità di acqua che può condensare all’interno della custodia può essere tanto elevata da pregiudicare il funzionamento e la sicurezza della custodia. Di conseguenza, l’acqua va tolta con interventi ciclici programmati.

Le valvole di drenaggio, costruite in acciaio inossidabile e, talvolta, in alluminio o in ottone nichelato, sono costituite normalmente da un cilindro e da un pistoncino che si può muovere all’interno del cilindro il quale, con opportune scanalature, permette il deflusso dell’acqua di condensa. La costruzione, anche se semplice, deve essere meccanicamente molto precisa, perché l’interstizio tra il pistone e il cilindro, deve essere sufficiente per permettere il deflusso dell’acqua, ma deve essere tale da fungere da giunto di laminazione in caso di deflagrazione interna della custodia, oltre a garantire il grado di protezione meccanico IP.

Il materiale, per eccellenza, come scrivevamo sopra, è l’acciaio inossidabile, AISI 304 o AISI 316, che garantisce un’elevata protezione contro la corrosione. Questo è necessario perché, in assenza di lubrificanti, è indispensabile garantire il movimento del pistone nel cilindro in qualunque condizione. 

Il problema della condensa interna, però, non è un problema esclusivo delle custodie a prova di esplosione, ma è presente anche nelle cassette a sicurezza aumentata. 

Anche in questi casi vengono utilizzate valvoline di drenaggio e, per questo motivo, Cortem Group ha progettato un tipo di valvola basato su un principio differente: al posto del movimento tra cilindro e pistone, viene utilizzato un materiale sinterizzato all’interno del cilindro, che agisce come una rete, permettendo il passaggio dei liquidi di condensa.

In questo modo, le valvoline di drenaggio diventano automatiche e garantiscono un drenaggio continuo della custodia proteggendola in maniera ottimale senza il bisogno dell’intervento manuale.

Nuova valvola di sfiato e drenaggio ECDE

Data pubblicazione: 22/11/2016

Argomento: Approfondimento